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Elogio dell’anormalità (ovvero il successo di Ruzzle)

la-normalita-e-un-gioco-di-ruolo-L-a0r3cCUn giorno una delle mie sorelle, profonde conoscitrici del labirinto che ho in testa e sempre pronte a snocciolare verità che io faccio irrimediabilmente mie, mi disse con estrema, salvifica, semplicità: “Lara, tu hai bisogno di normalità”.

Sembra banale? Non lo è affatto. I nostri tempi ci abituano giorno dopo giorno a costanti aggiornamenti, update, upgrade, download. Ma non siamo composti da software, la nostra testa non è un sistema operativo da aggiornare e potenziare costantemente. Difendere la nostra essenza non deve spettare a un antivirus di ultima generazione.

Ma la normalità appare obsoleta, rimanda a un concetto di “non originalità”, forse per questo ci fa paura. Per questo ci sentiamo in costante competizione con gli altri.

Secondo voi perché Ruzzle ha tanto successo? E’ diventato il barometro della nostra autostima, è a suo modo un gioco spietato che sotto forma di numeri restituisce un’immagine di sè stessi (e scomporla in lettere è ancora più divertente) e ci trasmette l’istantanea delle nostre capacità (magari fosse così semplice).

“Oggi valgo 2306  punti e tu?”

“Io ho battuto il record di 70 parole”

“Dai?! Ma hai trovato anche quella da 10 lettere?!”.

A nessuno piace essere normale. Ognuno vuole essere portatore di qualche anomalia del sistema per poter lasciare il segno, perché si possa rimanere impressi nella memoria, più degli altri.

Di un grafico cosa si ricorda? Picchi negativi e picchi positivi. Quando misuri la pressione arteriosa contano la minima e la massima. I confini sono più rilevanti degli spazi, i limiti più accattivanti dei permessi.

La normalità non lascia segni, ma forse è in quelle sacche che sedimenta la serenità.

 

P.S. Chi mi aiuta a sbloccare gli altri achievement?

larablogger

 

 

 

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